Culurgiones-Seadas / Specialità enogastronomiche sarde

I Culurgiònes o Culurgiònis sono senza dubbio il piatto più famoso della cucina tipica ogliastrina, originariamente preparati solo in famiglia, oggi rappresentano una delle maggiori realtà economiche nel campo della pasta fresca e nel panorama della gastronomia ogliastrina e sarda.

Ogni famiglia ogliastrina ancora oggi mantiene le propria peculiarità nella produzione dell'impasto e nella dimensione dei culurgiones. Ma in Ogliastra possiamo individuare delle macrocaratteristiche che sono identificative di alcuni paesi.

Per esempio l'aggiunta di menta e aglio all'impasto si può trovare nei culurgiones prodotti a Bari Sardo, Loceri, Tertenia, Jerzu, Ulassai, Osini, Gairo, Cardedu e Lanusei. In quest'ultimo era frequente impiegare "su seu" (grasso di vitello o manzo fresco) al posto dell'olio d'oliva. Mentre nell'altro capoluogo ogliastrino (Tortolì) oltre che Lotzorai e Girasole l'impasto si compone di patate, cipolle e poco formaggio facendo dominare il sapore dolciastro delle cipolle. Ad Arzana invece è il sapore del formaggio che domina l'impasto. Per quanto riguarda le dimensioni ad Arzana e Jerzu è da annoverare la dimensione molto ridotta pari a circa 5 cm contro i 6-7 cm della media ogliastrina. A Baunei e Triei, i culurgiones vengono chiusi a forma quadrata o in altri casi a mezza luna ma comunque impiegando per la chiusura la rotella e non la classica e complicata chiusura a mano, inoltre nell'impasto è presente solo il formaggio. Nei restanti paesi come Talana e Urzulei, l'impasto è molto semplice solo con formaggio e patate.


PRODOTTO FRESCO
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Il dolce, chiamato nelle diverse varianti linguistiche dell’isola: seada, sebada, seatta, sevada, sabada, casgiulata, ha un nome che pare derivi dalla parola latina sebum, ed è così chiamata per il suo aspetto untuoso, o anche perché in sardo si chiama seu il grasso animale, ozu seu.
E’ un dolce diffuso in tutto il territorio regionale e principalmente dove prevale l’economia pastorale. Nell’isola, oggi, che si traduce la lingua locale in italiano, ha perso il singolare e ogni ristorante, pur servendo un dolce individuale, scrive sul menù al plurale: “seadas – sebadas”.
Oggi è un dolce che si trova in offerta in ogni stagione e tempo, mentre un tempo era confezionato, in prevalenza, per le feste pasquali. Veniva preparato principalmente con formaggio fresco di pecora inacidito, e in alcune zone anche con formaggio vaccino. Assumeva forme rotonde grandi come un piatto e più diffusamente in forme rotonde o quadrate per piccole porzioni individuali. Potevano essere preparazioni dolci, perché insaporite, dopo la frittura, con miele e raramente anche con zucchero, oppure salate perché consumate senza l’aggiunta di edulcoranti.
Gli ingredienti principali sono: semola impastata con lo strutto (in sardo pasta violada. Violare sa pasta – preparare la pasta con lo strutto, proviene dal latino figulare, ungere, intridere la pasta di grasso), che avvolge fette di formaggio pecorino fresco acidulo, scorza di limone grattugiata e miele. Appena pronto si frigge in abbondante olio extravergine d’oliva, o come un tempo anche lo strutto. Appena scolato si condisce con abbondante e ottimo miele locale.

Sa seada è un dolce che ha molte similitudini in ricette del mondo antico. Già Catone il Censore nel suo libro “De Agri coltura” cita una ricetta che chiama Placenta, che risulta essere un dolce fatto con una sfoglia di farina impastata con acqua e formaggio di pecora fresco, ammollato nell'acqua e mescolato col miele. In un’altra ricetta chiamata Globi, il formaggio fresco veniva fritto nello strutto e condito con miele

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